SULLE TRACCIE DI UN PREISTORICO TEMPIO SOLARE DELL’APPENNINO

23.09.2015 07:28

Forse era una grande meridiana solare per scandire

 i tempi delle stagioni e regolare la vita agricola e pastorale

 

Tempo fa un mio caro amico aveva voluto accompagnarmi sul luogo di cui era venuto a conoscenza tramite un appassionato di storia romana della vicina città di Gualdo Tadino, scomparso prematuramente. Fermammo l’autovettura lungo la Flaminia, poco prima del cimitero di Costacciaro, una cittadina della fascia appenninica alle spalle di Gubbio e perlustrammo i campi per avere la visuale di cinque spacchi nella roccia lungo il costone della montagna, uno di seguito all’altro, il più grande verso la parte che scende verso l’imbocco di una stretta valle il cui toponimo è Caprile. Ci muovemmo ancora in auto verso la formazione rocciosa e dopo aver parcheggiato, chiedemmo a un abitante del luogo la via per raggiungere la costa rocciosa. Circa venti minuti dopo eravamo in vista degli spacchi: quattro erano ostruiti dalla vegetazione e non accessibili ma il più grande dava la possibilità di entrarvi e di studiarlo da vicino.  Il taglio sulla roccia era netto e sicuramente opera dell’uomo, anche se la pietra era stata erosa dagli agenti atmosferici. Mentre scendevamo per raggiungere l’auto, il mio amico formulò un’ipotesi circa la realizzazione degli spacchi.

 

L’ipotesi del re sepolto con i suoi dignitari

 

Si favoleggia tra la gente del luogo, e anche il mio amico ne era convinto, che i cinque spacchi sulla costa della montagna fossero un segnale per indicare il luogo di sepoltura di un mitico re e dei suoi quattro dignitari di corte. Alcuni sostengono che fosse Baduilia, meglio conosciuto con il nome di Totila, re dei Visigoti. L’ipotesi è affascinante e stuzzica la fantasia ma in realtà un esercito in ritirata con un re mortalmente ferito, dopo la battaglia di Tadino, difficilmente ha il tempo di tagliare la roccia di un costone e di seppellirlo sulla cima di una montagna. Non sto a dilungarmi sulle usanze funebri dei Goti e sul perché storicamente la teoria non regge, ma da un calcolo prudente si deduce che per realizzare il solo spacco più grande, sia occorso movimentare oltre dieci tonnellate di roccia.

 

La leggenda della mano del diavolo e del Paladino Orlando

 

Parlando poi con la gente del luogo sono emerse altre due ipotesi favolose, la prima quella basata su  una leggenda molto radicata tra gli anziani del territorio, a me riferita dal figlio di una famiglia di contadini del Caprile, che vuole sia stato il diavolo in persona ad imprimere nella roccia le sue cinque dita. E’ ovvio che si tratti di una leggenda antichissima che ci aiuta a comprendere la valenza magica e misterica del luogo. Infine la seconda parla del Paladino Orlando che in un momento di collera abbia tagliato la roccia con la spada.

 

L’ipotesi delle macchine da guerra a difesa della Flaminia

 

Non esistono riscontri documentali su questa ipotesi, ma anche prendendo in considerazione l’eventualità che i Romani potessero aver costruito tali incavi per alloggiare macchine da guerra per la difesa della sottostante via consolare Flaminia, un paio di considerazioni mi portano a escluderla al pari delle precedenti; la prima è che gli spacchi sono costruiti per essere efficaci come feritoia solo se ipotizziamo che la minaccia da cui ci doveva difendere stesse nella stretta valle del Caprile che sale verso il monte Cucco, la seconda è che, tranne il primo, gli altri spacchi sono inadatti ad ospitare una qualsiasi macchina da guerra, balista o catapulta, di epoca romana a noi conosciute.

 

Le linee e i traguardi

 

Chiamai l’amico Mario Farneti a Roma e gli feci un rapido resoconto della geografia del luogo. Lui mi consigliò un’ispezione sulle mappe avvalendomi anche dei moderni strumenti che la tecnologia ci offre. Verificai sulle mappe dell’IGM e poi usando le immagini di Google Earth e quelle reperibili sul Geoportale Nazionale, il risultato fu piuttosto interessante. Per prima cosa, come si può vedere dalle immagini, gli spacchi, visti dall’alto, hanno una leggera convergenza verso l’interno della valle e diversi piani di quota, cosa che ho verificato anche sul luogo, ovvero la parte inferiore di ogni spacco ha una diversa inclinazione del fondo della profonda “V” che creano. Osservandoli dall’interno della valle, dove mostrano un impressionante strapiombo sul costone montuoso, si può notare che la roccia è stata scavata meno profondamente rispetto al primo da sinistra, cioè il più grande e netto. Accertato ciò, dedussi che, puntando tutti i tagli in una medesima direzione, potessero costituire quattro tentativi di puntamento, di cui solo uno riuscito.

 

Traguardando dal primo spacco

 

Disponendosi all’interno del primo spacco e traguardando la direzione con un particolare tipo di cannocchiale, tenuto conto dell’inclinazione del piano di calpestio, si punta a una piccola radura tra due coste montuose. Ciò è confermato anche dalle immagini prese dall’alto, come si può vedere dalla linea di traguardo tracciata sulla foto. In seguito a questa rilevazione, mi sono recato sul luogo. La valle di Caprile, partendo dall’imbocco presso il cimitero di Costacciaro, porta al monte Cucco accompagnata dalle acque di una sorgente torrentizia ma salendo per circa un chilometro ci si accorge che sulla destra la costa del monte si curva formando una piega in cui un tempo scorreva l’acqua di una fonte antichissima.

 

L’Acqua Santa e l’orticello di guerra

 

Ritornai sui luoghi con un amico nativo di Caprile vissuto lì dalla nascita, nel 1950, sino al 1970 che mi confermò che l’unico spazio semipianeggiante, oltre il fondovalle, era proprio il punto che avevo traguardato dallo spacco. Mi raccontò che quello spazio era stato trasformato già dai tempi della Seconda Guerra Mondiale in un ampio orto in cui coltivavano anche le patate e che c’era abbondanza di acqua grazie ad una fonte, chiamata dell’Acqua Santa, che lo attraversava di lato e usciva dove il fondovalle faceva una curva a gomito. Esplorammo per un po’ la zona, oggi invasa dalla boscaglia e dalle pietre e da lì scattai una foto col teleobbiettivo. Dall’immagine si capiva che quello era il punto di traguardo dello spacco sulla costa rocciosa ma rimaneva il mistero sul perché e chi lo avesse realizzato.

 

L’orientamento e il tramonto del sole

 

Dalle rilevazioni, l’unica ipotesi accettabile è che la posizione dei luoghi e il cammino del sole lasciano intendere che si trattasse di uno strumento preistorico per la calendarizzazione dell’anno collegato con un culto solare. Confrontando infatti le immagini di un sito web dove è possibile proiettare su un qualsiasi territorio le linee di irradiazione solare e le relative ombre (vedi foto a sinistra) e avvalendosi di un programma che serve per tracciare le meridiane, l’unica conclusione accettabile è che in un determinato giorno dell’anno il sole tramonti proprio in corrispondenza dello spacco più grande, proiettando, come nel film di “Indiana Jones e i predatori dell’Arca perduta”, un fascio di luce che punta sul pianoro di cui parlavamo. Determinare il giorno non è facile: l’orientamento dello spacco visto dal pianoro è di 232 gradi e quindi nel terzo quadrante della bussola, la quota dello spacco è di 680 metri s.l.m. e quella del punto di traguardo è di 600 metri s.l.m.. Verrebbe naturale dire che considerati questi rilevamenti non vi sia dubbio che si tratti del 21 dicembre, ovvero il solstizio d’inverno, ma in quella particolare posizione i satelliti GPS si ricevono male e la bussola è incostante, tanto che l’immagine con la proiezione del cammino solare ripresa dalla telecamera, sposta la data al tramonto dell’equinozio di primavera, ovvero il 21 marzo alle 18.30.

 

Conclusioni

 

Pur non potendo definire con certezza le date in cui il sole tramonta nello spacco, si possono formulare con certezza le seguenti conclusioni:

 

-          la traiettoria del sole dà l’assoluta certezza che il disco solare in un determinato momento dell’anno sembri entrare nell’intaglio della roccia e, data la distanza tra il medesimo e il punto di traguardo, si crea un raggio di luce che sovrasta l’ombra generata dal crinale.

 

-          Il luogo si adatta perfettamente, sia per l’orientamento sia per la natura del costone, a creare una specie di osservatorio solare, utile a chi sappia orientarsi con gli astri.

 

Chiunque tra i lettori può fornirci qualche contributo o informazione utile per completare questa affascinante ricerca può contattarci via email  

 

                                                                                                                                            Mario Farneti 

                                                                                                                                        Bruno Bartoletti